Sui sentieri del mondo, con le Five Fingers ai piedi!

lunedì 22 aprile 2013

Trail Running Hydration Vest



Ecco una carrellata di zainetti idrici  "minimalisti",  molto leggeri, che vestono come dei gilet, dotati di tasche per portarsi il minimo indispensabile per affrontare uscite su medie lunghe e lunghissime distanze, barrette o gel secondo i gusti, il cellulare, e magari una giacca antivento; e con la possibilità di poter usare una riserva idrica a "vescica" oppoure borracce sugli spallacci


Mountain Hardwear Race Vest



Nathan Minimalist


Ultraspire Spy


Hydrapak E-Lite Vest


Ultimate Direction TK Race Vest


Nathan Hpl 028

Abbigliamento intimo sportivo: lana merino Vs sintetico? Bandavej!

La lana merino viene considerata un tessuto altamente pregiato ed apprezzato, dalle sue fibre estremamente fini vengono ricavati capi d'abbigliamento di altissima qualità.
Questo tessuto racchiude in sè le caratteristiche migliori di ogni tipologia di lana, di fatti le creazioni in lana merino sono principalmente termoregolatori, riparano infatti il nostro corpo dal freddo, anche nel caso di temperature estremamente basse.
E' inoltre un tessuto traspirante che non opprime la pelle, ma la lascia respirare. Al tatto si presenta estremamente morbida ed accogliente, ed i capi d'abbiagliamento vengono ritenuti da sempre esteticamente gradevoli, oltre che comodi e caldi. La lana marino inoltre, essendo una grande fonte di calore, viene considerata in alcuni casi un rimediop terapeutico in caso di lievi infiammazioni e dolori.
I prodotti realizzati in pura lana merino disponibili in commercio comprendono ogni tipologia di capo d'abbigliamento ed accessorio, come per esempio sciarpe, guanti o cappelli, vengono inoltre prodotte coperte, coprimaterassi e copriguanciali, per assicurare un riposo salutare e rigenerante, ma anche corpetti, bustini, pancere e ogni altro elemento d'abbigliamento intimo, utilizzate a scopo terapeutico.
(Fonte: merinos.it)

Prima dell'avvento del tessuto sintetico, gli indumenti isolanti per mute stagne erano realizzati con la lana.

La Lana è un tessuto unico nella famiglia delle fibre naturali. Le fibre di lana non assorbono l'acqua come le altre fibre naturali. Questo a causa del contenuto di olio (lanolina) della lana. Tuttavia, più elaborata è la lavorazione della lana, minore è l'olio contentuto,  maggiore è l'assorbimento d'acqua. La Lanolina è un olio naturale “isolante” che mantiene il cappotto di pecora secca in condizioni climatiche umide.  Negli passato i pescatori immergevano i propri indumenti nella lanolina liquida ruscaldata per renderli repellenti all'acqua, ma il lato negativo è che poi puzzavano come un gregge di pecore bagnato...

Le fibre di lana hanno piccoli “pallini/pelucchi” che  danno alla  lana unasensazione graffiante.  Quando la lana si bagna e il peso della fibra aumenta le piccole “palline” impediscono alle fibre di scivolare facilmente  l'un  lungo l'altro, cosa che aiuta a mantenere la veste di lana completamente espansa. Poiché la maglia di lana non collassa sotto il proprio peso, mantiene l'aria  intrappolata. Più aria intrappolata significa più isolamento. Il cotone non ha queste “palline” e crolla sotto il proprio peso quando è bagnato. Questo significa che il cotone perde la maggior parte del suo isolamento quando è bagnato. Questo è il motivo per cui si consiglia di non indossare il cotone sotto la muta isolante

Le piccole “palline” lana sono il motivo per cui la seta è usata come strato sotto capi in lana. Gli indumenti di seta non hanno alcun grande proprietà isolanti, il suo scopo primario è quello di eliminare la sensazione graffiante.

La Lana ha anche una proprietà aggiuntiva:  le fibre che assorbono l'acqua  generano anche un po di calore da idratazione. La quantità di calore è molto minima.

La lana è un eccellente isolante naturale. Tuttavia, i materiali sintetici in poliestere e polipropilene sono nel complesso dei migliori isolanti e funzionano molto meglio quando sono bagnati. La prova di questo è la condizione in cui i capi vengono fuori dalla lavatrice dopo la centrifuga.

Le prime persone ad adottare i materiali sintetici e di sostituire i loro indumenti di lana sono stati proprio i pescatori del Mare del Nord. Questi pescatore adottatorono gli indumenti sintetici realizzati da Helly Hanson. Questi materiali sintetici sono stati utilizzati in mare aperto per circa 15 anni prima di trovare la loro strada nel mercato outdoor dove i sintetici hanno sostituito la lana come il tessuto di scelta. L'industria della lana è sempre alla ricerca per migliorare le prestazioni di lana e nuove applicazioni.

Tuttavia, non ci sono stati grandi progressi tecnici portandola fino a abbinare le prestazioni dei sintetici.

Fino all'avvento di Bandavej

http://www.abbigliamentotecnicosportivo.it

www.bandavej.com

Così racconta Federico Vaglio Tessitore, l'ideatore:

“L’avventura Bandavej nasce nell’autunno del 2008 con l’acquisto in un negozio di articoli sportivi di una maglietta girocollo in 100% lana che il negoziante mi aveva decantato come rivoluzionaria nel campo dell’intimo sportivo.
Ero molto contento di averla comprata: il giorno dopo ero già in montagna a provarla; finalmente, pensavo, ho trovato l’intimo che soddisfa le mie esigenze e risolve i problemi di sudorazione abbondante! L’amico rivenditore mi aveva garantito che la lana mi avrebbe tenuto caldo ed asciutto, quindi niente ricambi di magliette nello zaino e nessun colpo di freddo durante le soste.

Indossando la maglietta la prima sensazione è stata molto piacevole,  ma, con l’inizio della sudorazione la percezione è cambiata. Ho iniziato a provare un fastidioso pizzichio nelle zone più sensibili, inoltre, sulla pelle, si è manifestata una spiacevole sensazione di umido che è peggiorata con il passare del tempo.  E, quando il corpo ha smesso di produrre calore generato dall’intensità dell’attività fisica,  si è accentuata  una spiacevole sensazione di freddo umido.

-No questa non è la soluzione ottimale per l’attività sportiva!- Mi sono detto.
E’ nato in me il desiderio di sfruttare il knowhow del territorio in cui vivo e la mia esperienza nel settore per sviluppare un tessuto che fosse la vera soluzione a questo tipo di problemi.
Vivo a Biella, città che da secoli lavora la lana che ha visto crescere realtà come Fila, Ermenegildo Zegna, Cerruti, un territorio con  tradizione per la lavorazione tessile di qualità riconosciuta a livello mondiale.
Avendo maturato un’esperienza ultra ventennale nel settore maglieria in cachemire ho pensato di provare a produrre un intimo sportivo mettendo a frutto la mia esperienza,  puntando sulla qualità estrema e sul Made in Italy, o meglio,  sul 100% Made in Biella.

L’idea di sviluppare l’intera filiera produttiva nel mio territorio e quindi lavorare “in casa”  con l’esperienza dei migliori produttori  biellesi è l’aspetto che più mi ha coinvolto. L’esperienza lavorativa in ambito tessile, unita alla mia passione per la montagna e per gli sport all’aria aperta mi hanno dato molta energia per affrontare questa nuova sfida.

Quindi? Da dove iniziare questo cammino? Semplice: dalla base. Per fare un buon piatto, oltre ad avere un buon cuoco, bisogna utilizzare una buona materia prima e così abbiamo fatto per la nostra maglia.

Innanzitutto la finezza della Lana Merinos come  punto di partenza.
A differenza di altri produttori di intimo sportivo che utilizzano la lana con finezze cha va dai 21µ sino ai 17,5µ abbiamo scelto un micronaggio di 16,5µ (link), avvicinandoci così alla finezza del cachemire.

Abbiamo quindi iniziato a provare diversi “trattamenti” su lana, filo e tessuto per riuscire a produrre la “maglietta calda e asciutta”. Ogni volta che aggiungevamo un trattamento producevamo immediatamente  alcuni capi da far testare a sportivi e ad addetti ai lavori.
A volte  abbiamo ottenuto dei leggeri miglioramenti, a volte il risultato finale è stato negativo; abbiamo testato almeno una ventina di tessuti, alla fine, la performance della maglietta è migliorata, forse poteva essere sufficiente, ma non eravamo ancora soddisfatti al 100%.

Alla fine di questo percorso abbiamo deciso di ripartire da zero: ci siamo chiesti se fosse plausibile pretendere dalla fibra con la maggior capacità al mondo di assorbire acqua (circa il 33% del proprio peso) il compito di trasferire il sudore all’esterno senza inzupparsi?La risposta è NO!!!

Per fare in modo che la lana si inzuppi di meno la fibra viene sottoposta ad un processo chiamato “mercerizzo” che prevede una serie di trattamenti prima a base di  cloro, poi con metabisolfito di sodio, in seguito viene applicata una prima copertura di resina che si conclude con un passaggio di silicone, al termine la fibra viene filata.
A questo punto la nostra lana ha perso gran parte della sua identità “NATURALE” .
Volendo mantenere le proprietà termiche e naturali della lana mantenendo la pelle asciutta, abbiamo valutato che fosse necessario mettere a contatto con la pelle un’altra fibra.
E’ nata così l’idea del tessuto a doppio strato. 

Ma, che fibra utilizzare per la parte interna a contatto con la pelle?

Un’analisi condotta con i centri di ricerca tessili ha evidenziato nel  polipropilene la fibra migliore per essere utilizzata a contatto con la pelle in quanto anallergica, antibatterica e antistatica. Oltre a queste, la caratteristica più importante del polipropilene è di essere la FIBRA IDROFOBA PER ECCELLENZA (0,13% di assorbimento di acqua rispetto al proprio peso, quindi praticamente insignificante). Quest’ultima caratteristica  risulta pertanto estremamente importante per raggiungere i nostri obiettivi.

Fra l’altro questo eccezionale  polimero, il “polipropilene isotattico”,  è stato inventato da un  ricercatore italiano, Giulio Natta, che per questa scoperta è stato insignito del premio Nobel per la chimica nel 1963.

Bene, finalmente avevamo capito come produrre un tessuto che rispondesse alle nostre esigenze: asciutto sulla pelle con le proprietà termiche e la “mano” naturale della lana.

Sono seguiti una serie di test fino che siamo riusciti a produrre un ottimo tessuto che è stato in seguito brevettato. 100% lana merinos 16,5 micron all’esterno filata con sistema Zinser   CompACT  3 e polipropilene all’interno con due fili a torsioni differenziate che formano “microcanali” sinusoidali. Questi microcanali, con il movimento del tessuto aiutano a trasferire le gocce di sudore all’esterno, inoltre creano un cuscinetto d’aria che migliora ulteriormente l’effetto coibente della lana.


sabato 20 aprile 2013

Puma Pumafox - Recensione

Puma Pumafox


Peso 330gr

Appoggio: neutrale.

Differenziale 12mm: 32mm al tallone e 20mm all'avampiede

Categoria: Adidas Response 19 Trail, Asics Fuji Trabuco Neutral, Brooks Adrenalisne Asr 9, Inov-8 Roclite 309, La Sportiva Wildcat, Montrail BadWater, Salomon Xr Mission, Saucony Progrid Jazz 15 Trail, Tecnica Dragon X-Lite

Comfort 4/5
Piacevole correrci, su tutti i tipi di terreno, non fa soffrire le asperità del fondo: la soletta interna fissa è Ortholite ha ottime capacità di assorbimento; la tomaia è fatta con un mesh molto traspirante, e il rivestimento interno è molto piacevole anche sul piede nudo, come fosse un tessuto in pile.

Protezione 2/5
Tra suola e intersuola, per tutta la lunghezza della scarpa, è presente una placca protettiva, il puntale è formato da strati sovrapposti di tessuto sintetico, ma la scarpa non trasmette una grande sicurezza in marcia.

Peso 3/5
Scarpa che pesa intorno ai 330gr, come una scarpa A3,

Traspirabilità 3/5
Il mesh è ben traspirante, prende l'umidità ma permette un buon deflusso e si asciuga bene col caldo

Ammortizzazione 3/5
L'intersuola si fa apprezzare non tanto per le sue doti ammortizzanti, quanto per le sue dote rimbalzanti: una volta messa ai piedi, questa scarpa ti fa venir voglia di saltellare sul posto! Assorbe le asperità del fondo, il crash pad è ben spesso, ma non è particolarmente curato per favorire l'appoggio di tallone e la rullata.

Stabilità 1/5
Mostra un grosso limite nell'affrontare tratti tecnici, dove viene fuori il suo grosso difetto: una tomaia che veste larga, non fascia il piede, priva di supporto nella zona mediale, soprattutto quella interna, e con un collarino che non avvolge la caviglia; l'allacciatura risulta sempre lenta, persino facendo passare i lacci nell'ultimo occhiello. La talloniera è rigida e non è avvolgente, la forma della tomaia, molto dritta, può essere comoda per chi ha piedi larghi, altrimenti il piede ci balla dentro, e questo può risultare fastidioso, se non pericoloso, su percorsi tecnici, specialmente in discesa, quando il piede tende a “cadere” lateralmente negli appoggi trasversali, mentre la suola resta ben attaccata al terreno, creando quel momento di “crisi” che può aver effetti peggiori di una svicolata, in quanto il peso va a caricarsi sulla caviglia, in maniera innaturale, col conseguente rischio di storte...



Grip 5/5
Nel modello testato la suola è di un giallo lucido tipo ovetto kinder, non sembra promettere un gran che, ma con qui tasselli ben pronunciati e aggressivi risulta avere incredibili doti di tenuta, su tutti i terreni e anche in condizioni di tempo bagnato, specialmente sul fango morbido, dove si possono affrontare cambi di direzione e appoggi trasversali senza mai scivolare.

Conlcusioni
Scarpa di derivazione “stradale”, non sembra esser costruita con materiali di qualità: ha un aspetto un po dismesso, povero, “vecchio”..

Una scarpa ottima per allenamenti riposanti su percorsi facili e sulla media distanza per corridori con un passo medio-veloce.

venerdì 12 aprile 2013

La Sportiva Ultra Raptor - recensione



Una delle mie prime scarpe da Trail è stata LaSportiva WildCat; a quei tempi non ero ancora diventato un minimalista, correvo poggiando molto di tallone, e la Wildcat si adattava bene a quel tipo di passo grazie ad un crashpad che garantiva un ammortizzazione molto efficiente. La scarpa era anche molto comoda, peccava però in sostegno al piede, pegno pagato per ottenere una scarpa leggera adatta a un passo veloce : e così la tomaia tendeva a consumarsi facilmente, fino a strapparsi, nei punti di maggior sollecitazione. Poi uscì il modello Raptor, che partendo dalla stessa piattaforma delle Wildcat, ne migliorava la struttura della tomaia, ancora più confortevole e dotata di supporti che ne miglioravano la capacità di sostenere il piede – apprezzabile sulle lunghe distanze . ed anche ad aumentarne la resistenza della stessa. E la mescola usata per la suola – che manteneva lo stesso disegno – era anche di un tipo che garantiva una maggior durata, perdendo pochi punti sulla capacità di tenuta sul bagnato. La Raptor diventava così la giusta alternativa per quegli atleti che avevano bisogno di una scarpa affidabile per affrontare lunghe distanze.
Lunghe distanze che si vanno sempre più allungando, nel mondo del training. E per puntare a percorrenze che arrivano e superano i 100km, ecco che La Sportiva crea la UltraRaptor, un evoluzione della Raptor. Un evoluzione “invisibile”, nel senso che la scarpa esteticamente sembra identica, ma ha una struttura migliore che aumenta la capacità di supportare l'arcata del piede, (specialmente per chi soffre di pronazione) quando, sulla lunga distanza, l'affaticamento provoca il collasso dell'arcata, rendendo più difficoltoso, e ancor più faticoso, se non addirittura doloroso – il proseguire.

Comfort: 4/5
accogliente anche per chi ha un piede e una caviglia larga, imbottita il giusto nel contrafforte tallonare, anche ben stretta non chiude troppo sul piede. La soletta interna.è ben conformata.
La linguetta integrata al resto della tomaia poggia molto bene sul collo del piede, anche stringendo bene i lacci, non si soffre alcun tipo di costrizione.

Sicurezza:
Un bel puntale degno di una scarpa antinfortunistica, protegge molto bene le dita dei piede. L'altezza da terra e il perimetro più largo dell'intersuola, proteggono il piede dalle sollecitazioni del fondo e dal contatto laterale contro gli ostacoli. La scarpa non presenta placche protettive nell'intersuola, ma uno strato di Eva la cui alta densità non permette al piede di soffrire le asperità.

Peso: 2/5
350gr non sono pochi, giusto pegno da pagare per avere tanta protezione e ammortizzazione

Traspirazione: 2/5
La tomaia è ben robusta e resistente, con tutti quegli overlayer supportivi, ma questo diminuisce la traspirazione del piede, il calore non viene dissipato in maniera ottimale, stando fermi si percepisce un lieve riscaldamento del piede. In inverno questo è positivo, naturalmente.

Ammortizzazione 5/5
30mm di gomma MEMlex Eva sotto il tallone, 22mm sotto le dita dei piedi, garantiscono un ottimo assorbimento degli shock da impatto; in particolare il crashpad sotto il tallone offre una dinamica molto confortevole durante il passo, che si rivela ancor più efficace nell'uso durante la corsa in discesa.

Stabilità 5/5
il differenziale ridotto a 8mm compensa l'elevata altezza da terra; la superficie d'appoggio è molto ampia, il ponte mediale conferisce abbastanza rigidità e controllo dell'appoggio, la talloniera rigida non permette al piede di muoversi all'interno della scarpa negli appoggi più acrobatici.
Ma quello che contribuisce ad una maggiore stabilità del piede è il nuovo sistema di allacciatura e' integrato alla tomaia a mezzo di layer applicati sul tessuto elastico interno e con rinforzi in materiale sintetico sul mesh esterno, al fine di ripartire la tensione dell’allacciatura su tutta la tomaia ed avvolgere meglio il piede 




Grip 3/5
La suola, composta dalla mescola FriXion XF, è studiata per resistere all'usura e permetterne una lunga durata, specialmente nell'uso su sentieri con fondo roccioso, di alta montagna, anche in condizioni di bagnato, e su sentieri di terreno ben battuti, mentre non ha grandi capacità sul fango umido, dove la larga pianta tende a “galleggiare”, scivolando, non avendo dei tasselli abbastanza profondi per stabilizzare l'appoggio. 

 




lunedì 8 aprile 2013

Corsa e Costo Energetico


Uno studio pubblicato sulle riviste americane “Medicine & Science” e “Sports & Exercise”, eseguito da ricercatori dell'Università del Colorado, ha dimostrato che, nonostante le pretese degli appassionati di corsa a piedi nudi, la corsa con un paio di scarpe è più “economica” che la corsa senza scarpe .

Dodici corridori maschi hanno partecipato all'esperimento ideato da questi ricercatori . Tutti quanti erano esperti corridori a piedi nudi con appoggio mediale. Questi soggetti hanno corso ad un ritmo fisso di circa otto minuti al miglio su un tapis roulant in condizioni diverse: a piedi nudi (in realtà, indossando calze molto sottili, per motivi igienici), indossa scarpe super-leggere (5,3 once) , e con varie quantità di peso zavorra attaccati ai loro piedi nudi o con le scarpe.
Durante l'attività è stata misurata la quantità di ossigeno consumata per determinare il costo energetico di ogni esercizio.

È così emerso che il costo energetico della corsa con e senza scarpe era più o meno lo stesso. Ma quando una quantità di peso uguale a quello di un cappello da corsa era applicato ai loro piedi nudi, i corridori spendevano un quantitativo di energia di un 4% superiore a quelli che correvano con le scarpe.

"Questi risultati ci ha fatto pensare", spiega Rodger Kram, autore principale dello studio. "Se con le scarpe leggere si ha lo stesso costo dell'energia come quando si corre a piedi nudi, allora ci deve essere qualcosa di buono, nell'uso di tali scarpe, che sta contrastando l'effetto negativo della loro massa. Abbiamo il sospetto che probabilmente questo fattore compensativo sia la capacità ammortizzante delle scarpe. "

Per verificare questa ipotesi, Kram ed i suoi colleghi hanno progettato un esperimento in cui i soggetti correvano a piedi nudi su una pedana mobile imbottita. Questi corridori usato un quantitativo di energia 1,7% in meno su un tapis roulant il cui nastro trasportatore è stato imbottito con 10mm dello stesso tipo di schiuma che è contenuta in scarpe da corsa, rispetto a quando hanno corso su un nastro non imbottito..

Secondo Kram, che recentemente ha presentato le sue conclusioni in una riunione della American Society of Biomechanics, la lezione da portare a casa è che, per ottenere un massimo di prestazioni durante la corsa, non solo correre con le scarpe è meglio che correre senza scarpe, ma le scarpe con un po di capacità ammortizzante sono meglio di scarpe minimaliste, nonostante abbiamo un peso maggiore. "Se state cercando di salvare secondi", dice, "più leggero non è sempre meglio."